"A Srebrenica l’unico modo per restare innocenti era morire".
Marco Magini, l’autore di questo romanzo, era un ragazzo durante l’ultima guerra di Jugoslavia, quando i telegiornali raccontavano un conflitto di violenza indicibile, quando, per la prima volta, sentì pronunciare il nome di Dražen Erdemovic.
A sua volta solo un giovane uomo. Più precisamente, un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un’altra generazione, messo davanti alla storia o Storia: quella che cambia i confini, le politiche e le possibilità. Quella che, certe volte, ti porta a dovere prendere una scelta, comunque dolorosa, come in un’antica tragedia greca.
Da qui, da un incontro doloroso, nasce la vicenda di questo romanzo che racconta il più grave dei fatti storici seguiti in Europa alla conclusione della seconda guerra mondiale: la strage di Srebrenica.
E, naturalmente, il dramma di molte coscienze costrette a rinunciare a un cammino di giustizia. La scelta di uno dei più drammatici momenti della storia europea recente, insieme al modo emotivamente coinvolgente di raccontarlo, fanno di questo testo un testo speciale. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita.
La voce del magistrato spagnolo Romeo González che rievoca lo svolgersi del processo seguito, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano una sentenza. Nell’eterno dibattersi tra ubbidire a leggi fratricide o ribellarsi appellandosi ai diritti inviolabili dell’uomo, viene fuori solo un’immagine povera e burocratica dell’esercizio della legge.
Al giudice González si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Dražen Erdemovic, vero protagonista della storia, volontario nell’esercito serbo, che fu l’unico a confessare di avere partecipato al massacro, l’unico processato e condannato.
Per innamorarsi ancora del futuro le nuove generazioni dovranno fare i conti con il passato scomodo di anni a noi vicini.